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ITALIANO  

 “Nel futuro prossimo in cui il pianeta è coperto dalle reti di imprese commerciali, elettroni e luci si inseguono in ogni luogo. Ma il mondo non è ancora abbastanza informatizzato da far sparire le nazioni e le etnie”.

Era il 1995, usciva nelle sale  “Ghost in the Shell”, anime giapponese che di lì a poco sarebbe diventato un must della cultura underground mondiale, pietra di paragone per qualsiasi cosa sia fatta di immagini e cerchi vagamente di inquadrare il futuro della specie umana sulla terra. I più lucidi possono leggere nella filigrana del nostro tempo quello che vent’anni fa era appena un contorno sfumato. Lo sviluppo di una infrastruttura mondiale - di cui il web è interfaccia visibile, ma non la sua totalità - fonde il paradigma di pensiero struttura/sovrastruttura proprio della civiltà meccanica in qualcosa di nuovo e ancora difficilmente inquadrabile, mentre appare chiaro come le due grandi entità che hanno plasmato la modernità a loro immagine e somiglianza, supportandosi a vicenda, ora inizino ad avere interessi e vedute piuttosto divergenti, dando inizio a movimenti tellurici di portata eccezionale. Parliamo del modo di produzione capitalista e dello Stato nazione.

Il primo, nei paesi avanzati, è giunto a uno stadio di strapotere, una sorta di overdrive controllato che non può reggere a lungo, il limite viene approssimato proprio in questi anni nei paesi tecnologicamente avanzati con lo sviluppo dell’automazione. Il lavoro robotizzato è quanto di più tecnicamente perfetto ci si possa immaginare. Il difetto delle macchine è che non comprano nulla. Il massimo di capacità produttiva coincide dunque con la tendenziale distruzione del consumatore. No consumatore, no profitto. Fine del capitalismo? Assolutamente no, il Nostro ha già dimostrato molte volte di saper esternalizzare le sue crisi rinnovandosi ciclicamente, spostando i suoi interessi da produzione e distribuzione alla finanza, per poi ricominciare a investire materialmente in una zona più conveniente, ribadendo così le sue contraddizioni su una scala più ampia. Osservare i fenomeni in scala è una chiave per scoprire legami a prima vista impercettibili. Eccone un esempio pratico: giovani tecnologici e sprovveduti intasano le loro bacheche social con immagini volte a sensibilizzare gli animi su problemi ambientali ma la quotidianità per immagini HD è davvero poco sostenibile. Usare un tablet per guardare un’ora di video alla settimana consuma annualmente più elettricità che due nuovi frigoriferi, accesi di continuo. Sempre in quelle immagini condivise appaiono cartelli con la scritta “THERE IS NO PLANET B”. ESA, NASA e una altra decina di istituti spaziali non sembrano molto d’accordo, tanto è vero che le spese dei paesi coinvolti nella corsa allo spazio stanno aumentando a percentuale doppia ogni anno. È innegabile il prestigio simbolico e la sete di avventura che questa nuova frontiera umana suscita, cui però vanno aggiunti un paio di dati: il presidente dell’Istituto Italiano di Tecnologia stima in 3 miliardi di persone il numero massimo di abitanti sulla terra se tutti avessero lo stile di vita occidentale. Cosa che molti popoli stanno lottando per avere, ergo non c’è spazio per tutti a queste condizioni. Secondo questione: nel 2017 la NASA ha avvistato tra Marte e Giove 16 PSYCHE, un asteroide che contiene una altissima concentrazione di ferro, nickel e oro stimata in 10.000 quadrilioni di dollari, l’intera economia mondiale ne vale 73. Pure speculazioni da nerd? Possibile, con però un precedente storico chiamato colonialismo, enormi quantità di argento, oro e altri metalli immessi nell’economia europea grazie al fatto che i nostri antenati possedessero buone navi e un argomento inconfutabile chiamato Arma-da-Fuoco. È lì che nasce l’antropocene, un modello di dominio e sfruttamento organizzato a dimensione globale, sul quale, prima o poi, la Storia chiamerà l’Uomo Bianco a dare conto.Torniamo al nostro Abele, ovvero lo Stato Nazione, forma finora insuperata di organizzazione politica umana. Il principale protagonista degli affari politici internazionali degli ultimi secoli rischia non tanto di perdere semplicemente il proprio controllo o la propria integrità, quanto piuttosto di sembrare un tipo di organizzazione inadeguato a far fronte alle nuove circostanze. Per alcuni problemi, è troppo vasto per poter agire in modo efficace; per altri, è eccessivamente ristretto. Di conseguenza, molte sono oggi le pressioni in atto per un trasferimento di autorità sia verso l’alto che verso il basso, e per la creazione di strutture meglio in grado di rispondere alle forze del cambiamento dell’oggi e del domani. Pare piuttosto scontato che questi trasferimenti sono e saranno tutt’altro che indolore, il caos sistemico che si intravede all’orizzonte sta portando il mondo in una guerra civile globale senza un nuovo Soggetto in grado di creare egemonia ed un nuovo equilibrio. Perfetta esemplificazione di questa stasi è il conflitto siriano. Anni di caos totale senza nessun schieramento in grado di prevalere e organizzare la vita, distruzione sistematiche e impoverimento di massa che rende impossibile la stanzialità per mancanza di risorse primarie come l’acqua. Il risultato sono migrazioni forzate verso gli stessi stati che hanno organizzato o quantomeno non avversato il saccheggio di intere popolazioni, immagini in grado di far riemergere fantasmi che il genere umano sembrava essersi lasciato alle spalle.

In tutto questo l’arte cose c’entra? Molto di più di quello che si possa pensare. Nei suoi piani più alti è l’araldo dei processi di sostituzione alle leggi del diritto internazionale: transazioni non tracciabili, oscuri magazzini come porti franchi in spazi sorvegliati da polizie private in cui le opere valgono solo come bene di scambio. Nei piani intermedi risulta molto utile a governi del secondo mondo desiderosi di entrare nel buon convivio del primo, conquistando con calibrate operazioni mass-mediatiche  una facciata al passo con l’immaginario dominante. Nei piani più bassi prende corso in modo figurato la guerra del tutti contro tutti, con tangibili conseguenze nella formazione di comunità terribili che si muovono solo per omofilia, con la paura di non riuscire ad arrivare, “dove” non è ben chiaro nemmeno a loro. Fin qui nulla di particolarmente nuovo, il controllo verticale del potere sull’arte è sempre esistito, l’elemento di novità sta nell’assenza di conseguenze dialettiche per un linguaggio irregimentato dal marketing che si risolve in estetiche vuote, nella spaventosa latitanza di spazio per dibattito e critica, ridotti a orpelli dalla narrazione dominante, coltre opaca e persistente che impedisce una reale presa dell’esistenza. Ogni individuo dotato di un buon intelletto è portato a dubitare che un tale sistema possa produrre qualcosa di interessante per sé e per le epoche successive.Fatte queste premesse il nostro vuole essere un messaggio tutt’altro che nichilista. A questo panorama il Ribelle e la Ribelle sono chiamati ad opporsi, trovando nella metafora jungeriana del passaggio al bosco le energie necessarie per formulare prima di tutto un quesito fondativo: alla domanda “Chi è l’uomo?”se la maggioranza  si appresta a rispondere “Un algoritmo fatto di carne” loro risponderanno “Spirito, materia, intelletto ed esperienza”. Il campo di praticabilità di questa risposta non può essere che quello millenaristico, considerata la portata totalizzante dei processi in corso. È necessario sviluppare un rapporto nuovo con la trascendenza, costruire attraverso il mito nuove metafore che solo un rinnovato pensiero teologico ed eretico nello stesso tempo può offrire.

 

 

All’ingresso esordisce il BLACK CHURCH ARCHIVE . Un sito online con inserita nelle pagine una particolare stringa di codice HTML, che ne rende alcune sezioni invisibili ai motori di ricerca pur mantenendosi all’interno del world wide web in “chiaro”. L’archivio mutua la logica dei database sensibili, siano essi di stato o di corporate multinazionali. La presenza dell’archivio è certa, una buona parte è fruibile ma il fulcro delle informazioni chiave è destinato ai possessori di una delle CARTE NFC presenti in sala, in grado di slboccare le parti oscurate. Allo stesso tempo la precisa scelta di rimanere nel web in chiaro evindenzia un paradosso di grande attualità: l’NSA e altre agenzie di sicurezza e spionaggio  pubbliche e private stanno concentrando sempre più i loro sforzi su flussi criptati piuttosto che nel mare magnum dei dati in chiaro, in poche parole meglio confondersi fra la massa che cercare di essere invisibili. Sul piano economico le carte rappresentano una chiara critica ai processi di valorizzazione delle-commerce,  all’idea di versione  “premium” a pagamento dei siti online viene sostituita la necessità di incontro di persona con l’autore per ottenere la carta(quindi condivisione di tempo, esperienza e  interessi) . Sempre nella prima sala è presente una Termocamera FLIR collegata ad un telefono cellulare che a sua volta duplica il segnale su un portatile. Nel percorso strategico della  Chiesa Nera è un detournement del medium; una tecnologia sviluppata in ambito militare viene usata per enfatizzare il contatto fisico in una sala in cui i fruitori sono chiamati o a scambiarsi i propri telefoni o a uno sforzo individuale protratto (prendere tutte le carte) per completare il quadro informativo dell’ambiente. Allo stesso tempo i sensori di temperatura presenti nell’immagine invitano a una riflessione energetica radicale: nella logica delle nuove costruzioni tecno-sociali molti di noi sono e saranno nulla più che termodinamica, cicli di lavoro e cicli di consumo altamente instabili, in cui evitare di sprecare energia sarà una chiave fondamentale per la sopravvivenza.

 

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PIETRO CATARINELLA (DATA TRAFFIC) nella parte centrale della sala grande propone GOOGLE DECALOUGUE. L’artista inserisce stringhe dei Dieci Comandamenti biblici nel motore di ricerca Google, scaricando le immagini risultanti e rialaborandole in post produzione per restituire un corpo di diciotto stampe a getto di inchiostro su fogli verticali di acetato trasparente, fissate a cornici di alluminio sovrapposte a formare un telaio a parallelepipedo. I sei telai sono ciascuno illuminati da un sistema di retroproiezione a led dimmerati per formare una installazione immersiva e monumentale al tempo stesso. Particolarità dell’operazione è la fusione di due codici storici in un unica risultante visiva: da una parte le leggi delle fedi monoteistiche e dall’altra l’algoritmo del più importante motore di ricerca  mondiale. L’opera assume i tratti di un caleidoscopio antropologico e innesca una serie di quesiti su principi di traduzione di credenze, sulle necessità ancestrali dell’uomo e il loro modo di concretizzarsi in epoche apparantemente molto distanti tra loro per valori, dogmi e immaginario, facendo  emergere una atemporalità suggestiva e straniante enfatizzata dalla accensione temporalizzata dei pannelli.

 

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STEFANO NON sulla parete a sud presenta THE BLACKBOARD O LEVA INDIFFERENTE, primo capitolo de DISCIPLINA DEL GRANDE SPAZIO. L’installazione centrale è uno scarto di lavorazione industriale della pietra ardesia, in cui l’artista è intervenuto lasciando intatto il volume iniziale ma scolpendo, per sintesi, il grafico di Giovanni Arrighi sui cicli di accomulazione sistemici interstatali, inserendo nei punti chiave gli stessi bulini usati per colpire. Si formano così quattro ipotetici segmenti orizzontali a lunghezza descrescente, ciascuno rappresentante un ciclo di egemonia storica sul sistema mondo e la sua durata temporale (Città Stato italiane, Le Province Unite, l’Impero inglese e l’Impero americano). L’apice a conclusione del triangolo lascia una ambigua profezia: fine dell’organizzazione capitale/stato nazione o trasmigrazione della vita umana dalla terra? Tutto  il  sistema  di espansione è retto da  una massa di cemento e acqua pari al peso del  sistema rappresentato dall’ardesia, che trova in un silente e consensuale equilibrio il suo innalzamento. Ai lati due scatti nei musei del mare di Genova e Venezia rimettono in circolazione, inscrivendoli nel qui ed ora, degli archetipi simbolici,  grazie alla possibilità di prelievo del mondo offerte dalla fotografia. A sinistra, YOUR POWERS ARE WEAK (OLD MAN), riproduzione lignea di uno dei cavalli della quadriglia di San Marco. L’emblema della formazione dello stato territoriale e della potenza conquistatrice  della civiltà meccanica non sembra più in grado di risolvere le nuove contraddizioni in atto, evidenziando le prime crepe superficiali di una possibile, totale, disgregazione. A destra THE LEVIATHAN EMBRACE (particolare di una installazione ricavata dalla copertina della “Domenica del Corriere” del 1900) rimette in metafora visuale il quesito hobbesiano sulla cessione di sovranità dell’individuo ad un Ente superiore. Se lo stato cede, il nuovo Ente in grado di assorbirlo rinnoverà su nuovi piani di scontro la perenne faida tra unico e totalità.

 

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MATILDE SAMBO  nel soppalco dello spazio posiziona  LA MATERIA NON E’ MAI AL SUO POSTO-330, progetto  multimediale che  pone   in dialogo immagini e forme materiali millenarie. L’autrice mette al centro della sua pratica la nozione di autolisi, processo biologico  di autodegradazione di un tessuto innescato a livello cellulare, con un verso certo - dall’esterno verso l’interno - ma dai contorni mai perfettamente delineati. Il fenomano microscopico dell’autolisi diviene per la Sambo una traccia di partenza,  un paradigma in grado di offrire un punto di vista privilegiato su fenomeni più ampi. Così come il movimento avviene dalla parete cellulare verso il nucleo, altrettanto si può osservare nella relazione fra  ambiente e uomo, di cui il secondo  è parte e nello stesso tempo alterità.   La trasparenza del vetro acrilico  porta l’opera a non essere immediatamente percepibile, invitando a cogliere la sottiglienza di un confine che è  molto più culturale che biologico, mentre la presenza dello stesso  calco da cui il  plexiglass è generato porta con sé conseguenze  estremamente feconde, scardinando l’apparente figura retorica del doppio per sostituirla con quella della muta:   un esterno precedente lascia spazio ad uno nuovo, fossilizzandosi, mentre il volume che ha generato entrambi rimane come sostanza assoluta. L’innesto della  reliquia nel tronco crea un cortocircuito  logico spiazzante, il naturale è inserito nell’artificiale e non il contrario. A chiudere  il circuito  un video di ricerca speleologica nelle grotte di     Formentera, ambiente  in cui  al fascino estetico intrinseco si aggiunge quello  geografico di limite, cordone ombelicale con la sacralità più intima e calorosa. Memorie del mondo , le grotte accudiscono nel silenzio una umanità ferita che  al loro cospetto può ritrovare il contatto con l’armonia cosmica perduta.

 

 

ENGLISH

 

“In the near future when the planet is covered by networks of commercial enterprises, electrons and lights are chasing each other everywhere. But the world is not yet computerized enough to make nations and ethnic groups disappear.”

It was 1995, when “Ghost in the Shell” was released in the cinemas, a Japanese anime that would soon become a must of the world’d underground culture, a touchstone for anything made of images and vaguely trying to frame the future of the human species on earth. The most awoken ones can read in the watermarks of our time what twenty years ago was just a faded outline. The development of a global infrastructure - of which the web is a visible interface, but not its totality merges the paradigm of thought structure/surface of mechanical civilization into something new and still difficult to frame, while it is clear that the two large entities that have shaped modernity in their image and likeness, supporting each other, now begin to have rather divergent interests and views, initiating earthquakes of exceptional magnitude. We’re referring to the capitalist mode of production and the nation state. The first, in advanced countries, has reached a stage of overwhelming power, a sort of controlled overdrive that cannot withstand long, the limit is approximated in recent years in technologically advanced countries with the development of automation. Robotic work is the most technicallyperfect thing you can imagine. The defect of the machines is that they do nothing. The maximum production capacity therefore coincides with the tendency to destroy the consumer. No consumer, no profit. End of capitalism? Absolutely not, our C has already demonstrated many times that it knows how to outsource its crises by renewing itself cyclically, shifting its interests from production and distribution to finance, and then starting to invest materially in a more convenient area, thus shifting its contradictions on a larger scale. Observing thephenomena on a scale is a key to discovering links that are at first glance imperceptible. Here is a practical example: young people without technology clog their social boards with images aimed at raising awareness on environmental issues, but everyday life through images is really not sustainable.Using a tablet to watch one hour of video per week consumes more electricity each year than two new refrigerators that are continuously on. Also in those shared images there are signs with the words "THERE IS NO PLANET B";. ESA, NASA and about ten other space institutes don't seem toagree very much, so much so that the expenses of the countries involved in the space race areincreasing twice as much each year. The symbolic prestige and thirst for adventure that this new human frontier arouses is undeniable, but a couple of figures must be added: the president of the Italian Institute of Technology estimates that 3 billion people is the maximum number of inhabitants on earth if everyone had a Western lifestyle. Something that many people are struggling to have, ergo there is no room for all under these conditions. Second question: in 2017 NASA sighted between Mars and Jupiter 16 PSYCHE, an asteroid containing a very high concentration of iron, nickel and gold estimated at 10,000 quadrillion dollars, the entire world economy is worth 73. Pure nerd speculation? Possible, but with an historical precedent called colonialism, huge amounts of silver, gold and other metals put into the European economy thanks to the fact that our ancestors possessed good ships and an irrefutable argument called gunpowder. It is there that Anthropocene is born, a model of domination and exploitation organized on a global scale, for which, sooner or later, History will call the White Man to account.

Let us return to our Abel, the nation-state, which until now has been an unsurpassed form of humanpolitical organisation. The main protagonist of the international political affairs of the last centuries risks not so much simply to lose his control or his integrity, but rather to seem a type oforganization inadequate to cope with the new circumstances. For some problems, it is too broad to act effectively; for others, it is too narrow. As a result, there are many pressures today for upward and downward transfers of authority and for the creation of structures that are better able to respond to the forces of change of today and tomorrow. It seems quite obvious that these transfers are and will be anything but painless, the systemic chaos on the horizon is leading the world into a global civil war without a new Subject able to create hegemony and a new balance. The Middle East conflicts are a perfect example of this stagnation. Years of total chaos with no side capable of prevailing and organizing life, systematic destruction and mass impoverishment that makes it impossible to allocate for lack of primary resources such as water. The result is forced migrations to the same states that have organized or at least not opposed the looting of entire populations, images that can resurface ghosts that mankind seemed to have left behind.

Does art have anything to do with this? Much more than you might think. In its upper floors it is the herald of the processes of substitution of international laws: untraceable transactions, obscure warehouses like free ports in spaces guarded by private police where the works are only worth as a commodity of exchange. In the intermediate floors it is very useful for second world governments eager to enter into the good banquet of the first, conquering with calibrated mass-media operations a facade in step with the dominant imagination. In the lower floors, the war of all against all takes place in a figurative way, with tangible consequences in the formation of terrible communities that move only for homophilia, with the fear of not being able to get there, the "where" is not clear even to them. So far nothing particularly new, the vertical control of power over art has always existed, the element of novelty lies in the absence of dialectical consequences of a language regimented by marketing that results in empty aesthetics, in the frightening lack of space for debate and criticism, reduced to frills by the dominant narrative, opaque and persistent blanket that prevents a real grip on existence. Every individual with a good intellect is led to doubt that such a system can produce something interesting for themselves and for subsequent eras. Having said that, our message is anything but nihilistic. To this panorama the two Rebels are called to oppose, finding in Jungian metaphor of the passage to the forest the necessary energies to formulate first of all a fundamental question: to the question “Who is man?” if the majority is preparing to answer “An algorithm made of flesh” they will answer “matter, intellect and experience”. The field of practicability of this answer can only be the millenarian one, considering the totalizing scope of the processes in progress. It is necessary to develop a new relationship with transcendence, to build through myth new metaphors that can be only offered by a renewed theological and heretical thought.

By the entrance we find BLACK CHURCH ARCHIVE. An online site in which a particular string of HTML code has been inserted, in such a way that some parts are invisible to search engines while still remaining within the world wide web. The archive changes the logic of sensitive database, whether of a state or multinational corporations. The presence of the archive is certain, a good part is accessible, but the core and key information is intended only for owners of one of the NFC cards in the room, which can unlock the darkened parts. At the same time, the precise choice to remain on the web highlights a contemporary paradox: the NSA and other public and private security and espionage agencies are increasingly focusing their efforts on encrypted flows rather than in the big scheme of clear data; it is better to hide between the masses than trying to become invisible. NFC   CARDS system are also a ‘value criticism’ regarding e-commerce: what is normally considered a payed premium site becomes a free cooperation system (to obtain the card  you have to meet the artist , so sharing some experience, thoughts and ideas with him). Also in the first room a FLIR thermal imaging camera is connected to a mobile phone that duplicates the signal on a laptop. In the strategic path of the Black Church this is a detournement of the medium; a technology developed in the military field is used to emphasize the physical contact in a room where users are called to either exchange their own telephones or to engage in a prolonged individual effort (take all the cards) to complete the informative picture of the environment. At the same time, the temperature sensors in the image call for a radical energy reflection: in the logic of new techno-social constructions many of us are and will be nothing more than thermodynamics, highly unstable work cycles and consumption cycles, where avoiding energy waste will be a fundamental key to survival.

 

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PIETRO CATARINELLA (DATA TRAFFIC) in the central part of the large room we find GOOGLE DE- CALOUGUE. The artist inserts strings of the ten Biblical Commandments into the Google search engine, downloading the resulting images and processing them to return a body of eighteen inkjet prints on vertical sheets of transparent acetate, overlapped by aluminium cords to form a parallelepiped frame. The six frames are each illuminated by a dimmed LED rear projection system combined as an installation which is both immersive and monumental. A particular feature of the work is the fusion of two historical codes into a single visual result: on the one hand the laws of monotheistic faiths and on the other the algorithm of the most important world search engine. The work takes on the features of an anthropological kaleidoscope and triggers a series of questions on the principles of translation of beliefs, on the ancestral necessities of man and their way of materializing in epochs that are very distant from each other in terms of values, dogmas and imagination. It also invokes a suggestive and alienating timelessness emphasized by the temporalized lighting of the panels.

 

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STEFANO NON on the south wall presents THE BLACKBOARD O LEVA INDIFFERENTE, first chapter of DISCIPLINA DEL GRANDE SPAZIO. The central installation is a processed industrial waste of slate stone, on which the artist has intervened leaving the initial volume intact but sculpting the graph of Giovanni Arrighi on the cycles of inter-state systemic accumulation, inserting in key points the same burins used to hit the stone. Four hypothetical horizontal segments of decreasing length are thus formed, each representing a cycle of historical hegemony over the world system and its duration (Italian State Cities, United Provinces, the English Empire and the American Empire). The summit at the end of the triangle calls for an ambiguous prophecy: the end of the capital organization / state nation or the transmigration of human life from the earth. The entire expansion system is supported by a mass of cement and water equal to the weight of the system represented by the slate, which finds its rise in a silent and consensual balance. On the sides, two shots taken in the sea-museums of Genoa and Venice take us back to symbolic archetypes inscribing them in the here and now, thanks to the possibility of drawing on the world offered by photography. Left, YOUR POWERS ARE WEAK (OLD MAN), wooden reproduction of one of the horses of the quadrille of San Marco. The emblem of the formation of the territorial state and the conquering power of civilization Mechanics no longer seems to be able to solve the new contradictions underway, highlighting the first superficial cracks of a possible, total, disintegration. Right THE LEVIATHAN EMBRACE (detail of an installation taken from the cover of the “Domenica del Corriere”, 1900) puts the Hobbesian question on the transfer of individual sovereignty to a higher body back into a visual metaphor. If the state surrenders, the new body able to absorb it, will renew on new levels of confrontation the perennial feud between the unique and the total.

MATILDE SAMBO on the mezzanine of the space positions LA MATERIA NON E’ MAI AL SUO POSTO-330, a multimedia project that brings together images and material forms that are thousands of years old. The author focuses her practice on the notion of autolysis, a biological process of self-degradation of a fabric triggered at a cellular level, with a certain direction - from the outside to the inside - but with contours that are never perfectly outlined. For Sambo, the microscopic phenomenon of autolysis becomes a starting point, a paradigm capable of offering a privileged point of view on wider phenomena. Just as the movement takes place from the cell wall towards the nucleus, the same can be observed in the relationship between environment and man, of which the second is part and at the same time otherness. The transparency of acrylic glass makes the work not immediately perceptible, inviting us to grasp the subtlety of a boundary that is way more cultural than biological, while the presence of the same mould from which the plexiglass is generated carries extremely fertile consequences, unhinging the apparent rhetorical figure of the double to replace it with that of the molt: a previous exterior leaves room for a new one, fossilizing, while the volume that generated both, remains as an absolute substance. The grafting of the relic into the trunk creates a disorienting logical short circuit, the natural is inserted into the artificial and not the opposite. The circuit is closed by a video of speleological research in the caves of Formentera, an environment in which the intrinsic aesthetic charm is added to the geographical one of limit, umbilical cord with the most intimate and warm sacredness. Memories of the world, the caves look after in silence a wounded humanity that in their presence can find contact with a lost cosmic harmony.